L’intelligenza artificiale è una bolla?

Proviamo a capire se l’intelligenza artificiale è un game-changer o l’ennesimo trend

ChatGPT, Open AI, AI slop, Italian brainrot, foto profilo ghiblizzate, assistenti chatbot… L’intelligenza artificiale è ovunque sulla bocca di tutti e conquisterà il mondo. Un hot topic che abbiamo seguito dal 2023, osservando i trend mainstream e ascoltando le voci di corridoio degli addetti ai lavori. In mezzo alla festa qualcuno parla a bassa voce di bolla speculativa, ma in molti non ci hanno fatto caso perché il rumore è assordante. Cosa si nasconde dietro a questa euforia di massa? Scopriamolo insieme.

Piccolo disclaimer: in questo articolo si parla di AI generativa e non di AI intesa come machine learning. Quest’ultima è una tecnologia nota ormai dagli anni Cinquanta. Tuttavia, per brevità, parleremo semplicemente di AI, assecondando il nome generico utilizzato nel dibattito mainstream.

AI per le masse, la punta dell’iceberg

Se si guarda il primo video del 2023 di Will Smith mentre mangia gli spaghetti e lo si paragona alla versione 2025, il miglioramento delle immagini realizzate da AI generative è incredibile. Qualcuno direbbe “in solo due anni siamo arrivati qui!”, altri, invece, forse si chiedono “in due anni siamo arrivati solo qui?”.

Al netto dell’evidente miglioramento, agli occhi di un osservatore attento, nell’ambiente mainstream l’AI sembra comunque avere ben poco valore concreto. I generatori di immagini ci hanno “regalato” l’AI slop nelle sue infinite forme (vi siete imbattuti nei finti salvataggi di animali su Facebook? Spero di no), l’Italian brainrot e altri “effetti collaterali” più o meno indesiderabili, come i sempre più diffusi thumbnail Youtube, le header degli articoli di blog e le altre grafiche da Instagram, troppo spesso impersonali e ormai tristemente riconoscibili.

video di Will Smith che mangia gli spaghetti 2023 e 2025

Due screenshot dal famoso video di Will Smith che mangia gli spaghetti: 2023 contro 2025. Impressionante, vero?

Questi sono certamente fenomeni che hanno già coinvolto le vite di molti, ma privi di reale spinta rivoluzionaria. Al contrario, si potrebbe riflettere sul loro possibile effetto dannoso per l’attendibilità delle informazioni e la distorsione della percezione da parte dei meno attenti (qualcuno ha detto truffe agli anziani?). Questo senza contare i problemi etici irrisolti legati ai diritti d’autore del materiale creativo coinvolto nel processo. Avrete tutti sentito parlare del caso Studio Ghibli. Potete trovare alcune riflessioni in questo video di Matteo Flora, ma ce ne sono molti altri.

Volendosi fermare alla superficie, l’impressione è che tutto si riduca a una scadente ondata di intrattenimento per le masse, che inquinerà Internet come una macchia di petrolio e che presto – si spera – esaurirà la sua forza, come successo a tanti altri meme e trend che ci hanno fatto compagnia negli ultimi quindici anni. A grandi linee, si evince questo dal discorso dello Youtuber americano The Art Mentor. Il suo recente video AI art’s been dying for 2 years + I predicted it a riguardo vale la pena di essere visto.

Un’altra impressione è che questa tecnologia ci potrebbe condurre a un nuovo approccio alla produzione di contenuti creativi. Un approccio sbrigativo, omologato e industriale, con modalità più esasperate e amplificate (ma meno creative) di quanto i social networks non ci abbiano già abituato a fruire da molti anni.

immagini brainrot

I personaggi surreali del fenomeno dell’I’Italian brainrot: Lirili Larila, Chimpanzini Bananini, Tralalero Tralala, Bombardiro Crocodilo, Boneca Ambalabu, Cappuccina Ballerina, Cappuccino Assassino e Tung Tung Tung Tung Tung Tung Tung Tung Tung Sahur. Un trend dilagante oggi, ma quale sarà il prossimo fenomeno?

Per chi frequenta piattaforme come Facebook, Instagram e TikTok, un’esposizione quotidiana a una tale quantità di contenuti mediocri, per nulla game changing e di poco valore per le aziende che godono di una solida brand identity (al più buono per qualche post social), fa quasi sembrare che l’AI abbia già sparato tutte le sue cartucce. A salve, per giunta. E qui nasce un dubbio, una vocina che ci sussurra all’orecchio: tutto questo entusiasmo è legittimo o siamo abbagliati dal lampo di un fuoco di paglia?

È davvero tutto qui? La AI è una bolla speculativa o c’è della sostanza? Come suggerisce il titolo, questa non è che la punta dell’iceberg di una realtà più articolata. Il mondo è vasto, c’è spazio per mercati basati su prodotti creativi dal diverso valore qualitativo e non dimentichiamoci che il content, per quanto discutibile o incomprensibile, per alcuni diventa comunque fonte di guadagno. Inoltre, non ci sono solamente immagini, video e testi.

Per capire se di bolla si tratta, bisogna andare più a fondo. Sul piano del business aziendale ci sono molte altre applicazioni che potrebbero essere d’aiuto alle persone. Ma queste soluzioni impatteranno davvero in modo profondo? E quanto saranno pervasive?

Il caso AI secondo alcuni esperti del mondo finanziario

Anziché partire dalla nostra personale opinione, di seguito vi proponiamo alcuni articoli che esplorano i sentori di una fetta del mondo finanziario. Ovviamente Internet fornisce molti altri punti di vista, ma per ragioni di tempo ci siamo dovuti limitare a quelli che riteniamo più utili a controbilanciare l’entusiasmo mainstream. Pertanto, non consideriamo questa breve sintesi esaustiva del tema e vi invitiamo a documentarvi ulteriormente.

In un articolo di luglio 2024, Vahid Karaahmetovic riporta che, secondo il fondo d’investimento Jefferies, gli ingenti investimenti nell’AI contrastano con gli utili previsti per il 2025, delineando già un quadro finanziario problematico agli occhi degli esperti. Questi prevedono maggiore rigore da parte degli investitori nel chiedere conto alle aziende sul loro ritorno economico, entro la metà del 2025. I tempi sono maturi per vedere cosa accadrà da giugno in avanti. Jefferies ha anche sottolineato la presenza di vari ostacoli: assenza di modelli di business promettenti e di strategie, oltre agli ingenti costi elettrici dettati dai server impiegati dalla AI.

Nell’agosto 2024, un articolo di Riccardo Cantadori riportava che il fondo d’investimento Elliott Management di fama mondiale aveva recentemente sottolineato la sopravvalutazione di questa tecnologia, in relazione alle capitalizzazioni che avevano coinvolto Nvidia in quel periodo (i processori sono essenziali per rendere l’AI performante). Alcuni indicatori finanziari, scrive, non davano buoni segnali. Cantadori specifica che, “come nel caso delle dot-com, le incertezze che preoccupano gli investitori riguardano non l’utilità dell’Intelligenza artificiale, ma il modo di quantificarne il potenziale economico”.

A ottobre 2024, Malcolm Hawker ha condiviso un articolo più ottimista. Una riflessione sul confronto tra la dot-com bubble, che l’autore ha vissuto, e la situazione AI, con le loro evidenti somiglianze e differenze. Certamente le conseguenze di un risvolto negativo non saranno altrettanto disastrose. Tuttavia, la capacità reale delle aziende di mettere a terra soluzioni AI su vasta scala resta il quesito con i rischi più grandi sul breve periodo.

Nonostante alcuni degli articoli citati siano già più vecchi di otto mesi, a gennaio 2025 la situazione non sembrava essere migliorata granché. Secondo John Rau di Forbes non si tratta di una bolla, ma si chiede se l’investimento necessario oggi per giocare la partita produrrà davvero un ritorno abbastanza consistente da vincere la scommessa. Il grande consumo energetico, la scarsità di nuovi dati per il training, l’assenza di una app must-have per le masse e le future leggi per regolare l’AI e tutelare i diritti d’autore sono tutti aspetti che potrebbero minarne il futuro. Il giornalista prevede il fallimento di innumerevoli startups e investitori mentre il successo sarà appannaggio solamente di un ristretto gruppo di quattro o cinque players che sopravviveranno sul lungo periodo.

La bolla AI secondo la community di Reddit

Altri spunti interessanti provengono dalla piattaforma Reddit, dove è noto poter trovare una fetta di utenti provenienti dal mondo tech, più vicini alle realtà dove l’AI si studia per davvero rispetto a chi osserva questi fenomeni dal di fuori.

Intorno al settembre 2024, l’utente ThinkBigger01 ha interrogato la community di Reddit. Escluse alcune eccezioni, il sentimento comune che emerge dai commenti del gruppo è che non si tratti di una bolla, sebbene questa tecnologia non abbia ancora espresso il suo pieno potenziale. Si parla di sopravvalutazione da parte delle persone: dal ritenere che la AI possa fare a meno di un contributo umano per ottenere risultati apprezzabili, come scrive l’utente Otaehryn, fino al sovrastimare la capillarità che potrà raggiungere in tutti i settori, secondo IntegerSpins. Aggiungendo che, al contrario, l’impatto più evidente e profittevole coinvolgerà solamente alcune nicchie.

dSolver e redhtbassplyr031 parlano di possibile bolla degli LLM (Large Language Models), come ChatGPT, spostando però l’attenzione su altri impieghi della AI che potrebbero portare benefici diversi, oggi ignorati dal grande pubblico. iceland00 e altri parlano di riduzione dei costi di scala per le aziende, come nel caso dei grandi call center. RedditMapz parla di somiglianze con la dot com, la realtà aumentata e la blockchain, riferendosi alle tantissime aziende che tentano di guadagnare da questa tecnologia e che inevitabilmente scompariranno con il collasso del mercato, a favore di pochi vincitori.

JPMorgansStache sostiene che molti segnali puntino nella direzione di una recessione, a partire dal valore dell’ipotetico mercato AI. Questo, per essere profittevole, dovrebbe essere esponenzialmente superiore al valore degli enormi finanziamenti ricevuti, per esempio, da Open AI. Un valore nell’ordine dei miliardi, nel quale l’utente fa fatica a credere.

Cosa si dice in Dreamonkey

La percezione generale è che, in “superficie”, ci sia molto fermento. In misura diversa, il tema interessa a tante delle aziende con le quali siamo entrati in contatto e che frequentano il mondo tech. Ci sono eventi, discussioni e chiacchiere alla macchinetta del caffè. Noi stessi abbiamo dato spazio ad alcune sperimentazioni in ufficio e, per il ClubD di Unindustria, il nostro socio Paolo Caleffi ha coordinato l’organizzazione di alcuni eventi dedicati all’argomento. Dal Laboratorio alla Fabbrica: l’Intelligenza Artificiale nell’industria reale, Super Calcolo e Intelligenza Artificiale: la nuova rivoluzione industriale passa da qui, Casi d’uso di AI applicata ai processi aziendali, Casi d’uso di AI applicata ai processi aziendali - 2° incontro.

Il terreno sembra fertile per la semina ma, a ben guardare, altri segnali preannunciano un cambiamento nel tessuto italiano delle PMI molto più limitato. O quanto meno un’evoluzione che tarda ad arrivare e che è stata tipica di altre tecnologie e investimenti che non hanno mai davvero fatto breccia, esclusi casi limitati.

Nei nostri nove anni di esperienza abbiamo visto spesso fenomeni tech passare dalle stelle alle stalle. La realtà aumentata, le criptovalute e la blockchain sono tre esempi di tecnologie che sono state sulla bocca di tutti ma che, a conti fatti, non hanno lasciato un’impronta duratura, stravolgendo i business e cambiando le abitudini della popolazione mondiale. Tantomeno di quella italiana o del mondo aziendale. Al netto di tutte le indagini approfondite che si potrebbero fare per analizzare meglio i numeri, rimane l’impressione di un’eco di grandi promesse disattese.

Anche gli investimenti di Industria 4.0, tanto promettenti per l’aggiornamento delle aziende produttive, non hanno sortito in maniera capillare tutti gli effetti sperati. Specialmente se si parla di uso consapevole e proficuo dei dati raccolti dai macchinari. È un tema che conosciamo bene e di cui si parla spesso nel nostro settore.

Altri trend digitali, come i siti Internet con parallax effect (ve li ricordate?) e le grafiche Corporate Memphis (o Globohomo) ci hanno sfortunatamente ammorbato per anni ma, finito il sogno febbrile, ci siamo progressivamente liberati di loro, almeno in parte…

Nonostante gli scetticismi, a nostro avviso, l’intelligenza artificiale gode comunque di alcuni vantaggi rispetto ai casi messi a paragone. Eppure, al di là dell’entusiasmo e delle chiacchiere, uno dei problemi che abbiamo notato è lo scarso numero di progetti che vadano al di là del semplice assistente chatbot. Noi stessi continuiamo a interrogarci su quali siano i settori in cui l’AI è in grado di portare valore concreto con idee interessanti e fuori dagli schemi. Le aziende intorno a noi sembrano affrontare le stesse difficoltà.

Un altro aspetto, troppo spesso ignorato dalle aziende salite sul treno dell’entusiasmo, è che molti processi che oggi si desidera ottimizzare mediante AI sono in realtà ottimizzabili con le ben più classiche e rodate soluzioni di automatizzazione digitale, con software di vario genere. Entrambe le strade prevedono investimenti consistenti e la volontà imprenditoriale di ristrutturare i propri processi aziendali ma, mentre il software “classico” garantisce un output deterministico, l’AI (ribadiamo, soprattutto quella generativa), per sua stessa natura, no. L’accuratezza del machine learning è ben più alta, ma questo meriterebbe un articolo a parte.

Il tema è tecnico e meriterebbe spazio in un articolo a parte. Basti dire che chi desidera adottare le AI deve mettere in conto lunghe e costose sessioni di ricerca e sviluppo, costellate di problemi legati ai database di training e test, insufficienti o di scarsa qualità. In sintesi, gli investimenti potrebbero risolversi in un buco nell’acqua.

Conclusioni

Forse non si tratta di una bolla vera e propria ma, secondo noi, i segnali non sono completamente rincuoranti. Non possiamo ancora dire con certezza se e quando l’intelligenza artificiale raggiungerà il suo potenziale ma, in attesa dei risvolti finanziari del secondo semestre 2025, suggeriamo un atteggiamento cauto. C’è molta strada da fare e, come ogni tecnologia, se non troverà un modo per rientrare degli investimenti e per generare profitto, sarà condannata a cadere in disuso.

Se troverà delle strategie di business sostenibili e una soluzione ai suoi problemi energetici – e non è scontato che lo farà – forse troverà i suoi mercati. Dovrà comunque dribblare gli altri inconvenienti attuali ed emergenti, come nuove leggi restrittive, cause per copyright ed esaurimento dei dati di training. Tra questi anche il cosiddetto AI data poisoning, ovvero la corruzione malevola dei database usati per il training delle intelligenze artificiali, per boicottarle (sul quale tuttavia non abbiamo condotto approfondimenti e non sappiamo se il fenomeno sia oggettivamente rilevante).

Sul fronte italiano, passato il momento di sperimentazione più o meno riuscita, riteniamo probabile che molti team R&S torneranno ad occuparsi di altro e, progressivamente, le PMI perderanno interesse o adotteranno soluzioni provenienti da altre big corp. Qualcuno sperimenterà in proprio, ma molti tool AI caleranno dall’alto, come è stato in passato con altri software per i quali lo sviluppo in-house non è stato ritenuto efficace o vantaggioso.

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